Vai al contenuto
» Approfondimenti » Violenza sessuale senza contatto fisico

Violenza sessuale senza contatto fisico

    Violenza Sessuale senza contatto fisico

    Sentenza Cassazione Penale, Sez. III, 18 settembre 2024, n. 5688

    Violenza sessuale senza contatto fisico: la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5688/2024, ha stabilito che il reato di violenza sessuale può configurarsi anche in assenza di contatto fisico tra aggressore e vittima, purché sussista un rapporto di causa-effetto tra la condotta induttiva dell’agente e l’atto sessuale compiuto dalla vittima.

    Questa pronuncia assume particolare rilevanza nell’epoca contemporanea, in cui le interazioni virtuali e le nuove forme di coercizione psicologica assumono un ruolo sempre più significativo nella commissione di reati contro la libertà sessuale.

    Violenza Sessuale senza contatto fisico - Avvocato Penalista Milano - Avvocato Penalista Alessandro Salonia

    Il principio di diritto – Avvocato Penalista Milano

    La Corte ha ribadito che l’integrazione del delitto di violenza sessuale non richiede necessariamente un contatto fisico diretto tra aggressore e vittima. L’atto sessuale può essere compiuto dalla vittima stessa, ma se ciò avviene sotto coercizione o minaccia, esso rientra comunque nella fattispecie prevista dall’art. 609-bis c.p.

    Il reato è quindi configurabile quando:

    • La vittima viene costretta o indotta a compiere atti sessuali su sé stessa.
    • L’azione è il risultato di una coercizione psicologica o di una minaccia.
    • Esiste un rapporto di causa-effetto tra la condotta dell’agente e l’atto compiuto dalla vittima, anche se differito nel tempo.

    Questa interpretazione si colloca nel solco di una giurisprudenza sempre più attenta alla tutela della libertà sessuale, che deve essere garantita non solo contro la violenza fisica, ma anche contro qualsiasi forma di pressione, intimidazione o manipolazione psicologica.

    Il caso concreto: minacce, coercizione e violenza psicologica

    Il caso in esame riguarda un uomo che, dopo aver avuto una relazione con la vittima in un contesto lavorativo, ha iniziato a perseguitarla con richieste estorsive e minacce.

    La vittima è stata costretta a realizzare un video di autoerotismo e a inviarlo all’imputato per evitare la diffusione di altre immagini compromettenti. Nonostante l’invio del video, le minacce e le richieste non si sono interrotte, aggravando la condizione di prostrazione psicologica della donna.

    L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che non vi fosse stata violenza sessuale, poiché:

    • Non c’era stato alcun contatto fisico diretto con la vittima.
    • L’atto sessuale era stato compiuto autonomamente dalla donna.
    • Il video era stato registrato e inviato in un momento successivo alla richiesta.

    La Cassazione ha respinto queste argomentazioni, affermando che la violenza sessuale si configura anche quando la coercizione psicologica porta la vittima a compiere atti sessuali su sé stessa contro la propria volontà.

    L’evoluzione del concetto di violenza sessuale

    La sentenza si inserisce in un percorso evolutivo della giurisprudenza italiana, che ha progressivamente ampliato la tutela della libertà sessuale, riconoscendo la rilevanza della coercizione psicologica e dell’abuso di potere.

    In passato, la nozione di violenza sessuale era strettamente legata al concetto di contatto fisico. Tuttavia, con il tempo si è riconosciuto che anche la coercizione mentale e la manipolazione psicologica possono privare la vittima della sua autodeterminazione sessuale.

    La Cassazione ha più volte ribadito che la libertà sessuale è un diritto assoluto e che la sua tutela deve essere garantita anche nei confronti di forme più sottili di coercizione, come:

    • Minacce di ritorsione (es. diffusione di immagini compromettenti).
    • Abuso di autorità o posizione di potere.
    • Manipolazione psicologica prolungata.

    Questa interpretazione è particolarmente importante nell’era digitale, in cui le pressioni psicologiche e le minacce online possono essere altrettanto invasive e dannose quanto le aggressioni fisiche.

    Il reato di violenza sessuale secondo l’art. 609-bis c.p.

    L’art. 609-bis del Codice Penale punisce con la reclusione da 6 a 12 anni chiunque, con violenza, minaccia o abuso di autorità, costringa una persona a compiere o subire atti sessuali.

    La Cassazione ha chiarito che:

    • La violenza può essere fisica o psicologica.
    • La minaccia non deve necessariamente essere immediata, ma può esercitare il suo effetto anche a distanza di tempo.
    • Non è necessario che l’agente provi appagamento sessuale, ma solo che la vittima sia stata costretta o indotta a compiere l’atto sessuale.

    Pene previste:

    • Da 6 a 12 anni di reclusione per la violenza sessuale semplice.
    • Da 8 a 14 anni se ricorrono aggravanti (es. minori, uso di armi).
    • Fino a 20 anni se il reato è commesso da più persone o provoca danni gravi.

    Considerazioni Avvocato Penalista Alessandro Salonia

    La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni:

    • Maggiore tutela delle vittime di abusi online e coercizione psicologica.
    • Riconoscimento dell’impatto della violenza virtuale.
    • Prevenzione del revenge porn e altre forme di ricatto sessuale.

    Questa sentenza sottolinea che la libertà sessuale deve essere garantita non solo nei casi di violenza fisica, ma anche quando la vittima viene manipolata o minacciata affinché compia atti contrari alla sua volontà.

    Conclusione – Avvocato Penalista Milano

    La sentenza n. 5688/2024 rappresenta un passo avanti nella tutela della libertà sessuale, affermando che anche la coercizione psicologica può integrare il reato di violenza sessuale, indipendentemente dalla presenza fisica dell’agente.

    Lo Studio Legale Salonia, con sede a Milano, offre assistenza legale qualificata per le vittime di violenza sessuale, minacce e coercizione psicologica. Contatta l’Avvocato Penalista Alessandro Salonia per una consulenza.