Fragilità psichica e violenza sessuale
Il caso e la decisione
Fragilità psichica e violenza sessuale. Con la sentenza n. 13828 del 9 aprile 2025 (ud. 12 marzo 2025), la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da un imputato condannato per il reato di violenza sessuale ex art. 609-bis c.p., aggravato dall’abuso delle condizioni di inferiorità psichica della vittima, affetta da lieve ritardo mentale.
L’imputato, un uomo di circa trent’anni più grande della persona offesa, assolto in primo grado dal G.i.p. del Tribunale di Foggia.
Tuttavia, la Corte d’Appello di Bari ha ribaltato la decisione, rilevando che l’uomo aveva indotto la giovane a subire atti sessuali approfittando della sua condizione di vulnerabilità.

Il principio di diritto
La Suprema Corte ha ribadito che l’induzione a subire atti sessuali in danno di persona affetta da patologie psichiche, anche lievi, integra gli estremi della violenza sessuale quando sussiste un evidente squilibrio tra le parti e l’autore approfitta in modo subdolo di tale fragilità. La Corte ha precisato che:
«Costituisce violenza sessuale l’induzione a subire atti sessuali, attuata mediante l’abuso della condizione di inferiorità psichica della vittima, pur se affetta da ritardo lieve, laddove emerga una relazione asimmetrica e manipolatoria».
Significativa l’attenzione alla “sapiente induzione” esercitata dall’imputato, supportata da elementi concreti quali: l’età dell’uomo, i messaggi cancellati, l’invito a tacere con i genitori, e il successivo rifiuto ignorato della vittima.
L’articolo di legge violato – Avvocato Penalista Milano
Il reato è previsto dall’art. 609-bis c.p., che punisce chiunque, con violenza o minaccia o abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa, o traendo in inganno la persona stessa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali.
Il bene giuridico tutelato è la libertà sessuale e la norma sanziona anche la mera induzione se basata su un abuso, come nel caso di specie.
La pena prevista è la reclusione da 6 a 12 anni.
La rilevanza dell’abuso della condizione di inferiorità psichica
La Cassazione ha confermato che l’imputato aveva sapientemente indotto la giovane ad accettare situazioni intime sfruttando:
- la fragilità emotiva e cognitiva della vittima;
- il bisogno di affetto e attenzione della stessa;
- la differenza anagrafica e di maturità come strumento di controllo e persuasione.
Il consenso ottenuto in queste circostanze non è considerato valido, poiché viziato da un abuso delle condizioni soggettive della vittima.
Il ruolo della testimonianza e della prova documentale
Fondamentale per la condanna è stata la testimonianza della persona offesa, ritenuta coerente e precisa anche a distanza di anni. La Corte ha ritenuto attendibili anche le dichiarazioni dei familiari dell’imputato, che confermavano la fuga repentina dell’uomo all’estero dopo i fatti.
Inoltre, è stata utilizzata ai sensi dell’art. 238-bis c.p.p. una precedente sentenza contro un altro imputato, riguardante fatti simili con la medesima vittima, a conferma della sua vulnerabilità e dell’induzione artificiosa alla sessualità.
Considerazioni difensive e rigetto del ricorso
Il ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza. Le doglianze si basavano su apprezzamenti meramente fattuali e non incidevano sulla tenuta logico-argomentativa della sentenza impugnata. Inoltre, è stata giudicata irrilevante la distanza temporale tra i fatti e la rinnovata audizione della persona offesa, la cui credibilità non era stata mai messa in discussione dai giudici di merito.
Assistenza legale qualificata in casi di violenza sessuale
La sentenza in esame evidenzia l’importanza di una tutela effettiva per le vittime in condizioni di fragilità, anche quando non sussistano forme esplicite di coercizione fisica.
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