Accedere al profilo Facebook dell’ex è stalking
Condotta persecutoria digitale punita come stalking
Accedere al profilo Facebook dell’ex è stalking. È stata definitivamente riconosciuta la rilevanza penale delle condotte persecutorie attuate tramite strumenti informatici e digitali. Con la sentenza n. 10362 del 2025, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per atti persecutori ex art. 612-bis c.p., inflitta a un uomo che aveva clonato e utilizzato abusivamente l’account Facebook dell’ex compagna. Tale attività, unita ad altre azioni di controllo e minaccia, è sufficiente a integrare gli estremi dello stalking.

Il contesto dei fatti – Avvocato Penalista Milano
La vicenda trae origine dalla denuncia presentata da una donna, ex compagna dell’imputato, che ha riferito di una serie di comportamenti intrusivi e reiterati. Oltre all’accesso illecito al suo profilo Facebook, l’uomo aveva ottenuto alcuni frame video da un impianto di sorveglianza installato presso l’ex abitazione familiare, utilizzandoli per monitorare costantemente i movimenti della donna.
In un’occasione, è stata anche segnalata una violazione di domicilio, con effrazione delle persiane e successiva falsa accusa nei confronti della vittima. Infine, l’imputato aveva inviato un video di chiaro tenore minaccioso, nel quale appariva con in mano una pistola.
La pronuncia della Cassazione – Sentenza n. 10362/2025
Secondo la Sezione V penale, le argomentazioni della difesa, orientate a minimizzare la portata delle condotte, sono manifestamente infondate. In particolare, la Corte ha affermato che
“Per la configurazione del reato di atti persecutori non è necessaria la presenza di violenza fisica: è sufficiente che le condotte siano idonee a provocare un grave e perdurante stato di ansia o di paura, un fondato timore per la propria incolumità, oppure un cambiamento delle abitudini di vita della vittima”.
La Corte ha sottolineato come, nel caso concreto, le prove testimoniali, documentali e le dichiarazioni della persona offesa abbiano rappresentato un quadro chiaro e coerente di persecuzione psicologica e controllo oppressivo.
Principi di diritto consolidati
Viene ribadito il principio secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di stalking, non si richiede una dichiarazione esplicita della vittima circa l’evento lesivo. È sufficiente che gli elementi raccolti durante l’istruttoria rendano palese l’effetto destabilizzante delle condotte subite.
La Cassazione, nel confermare la sentenza di condanna, ha evidenziato:
- La continuità e reiterazione delle condotte persecutorie;
- L’uso di tecnologie informatiche per spiare e controllare la vittima;
- L’invio di messaggi minacciosi e l’adozione di comportamenti che hanno invaso la sfera privata e domestica dell’ex compagna.
Approfondimento normativo – Avvocato Penalista Alessandro Salonia
L’articolo 612-bis del Codice Penale punisce con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque ponga in essere atti persecutori, ovvero molestie e minacce reiterate tali da provocare nella vittima:
- Un grave e perdurante stato di ansia o di paura;
- Un fondato timore per l’incolumità;
- La costrizione a modificare le proprie abitudini di vita.
Non è necessaria la diagnosi clinica di un disturbo psichico, essendo sufficiente un turbamento rilevante e oggettivamente riscontrabile attraverso i comportamenti della persona offesa.
Differenza tra molestie (art. 660 c.p.) e stalking
La difesa aveva cercato di ricondurre i fatti all’articolo 660 c.p. (molestie o disturbo alle persone), ipotizzando l’assenza di elementi qualificanti il reato di stalking. La Suprema Corte ha però ribadito che il discrimine consiste nella capacità delle condotte di determinare un impatto significativo sulla psiche e sulla vita della vittima.
Nel caso in esame, la combinazione di accessi abusivi, spionaggio, effrazione domiciliare e minacce simboliche ha integrato senza dubbio il quadro tipico del reato di atti persecutori.
Conclusioni della Cassazione
La sentenza si chiude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre a una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.
È stata anche ordinata l’anonimizzazione del provvedimento in caso di diffusione, a tutela della privacy della persona offesa, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 196/2003.
Assistenza legale qualificata per reati di stalking
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