Ricettazione ed elemento soggettivo: analisi della Cassazione n. 22549/2025
Premessa sul fatto – Avvocato Penalista Milano
Ricettazione ed elemento soggettivo. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22549/2025, ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti contro la condanna per ricettazione (art. 648 c.p.) di due imputati, accusati di aver concorso nella detenzione di componenti di un’autovettura rubata. I ricorrenti contestavano, tra l’altro, la mancata derubricazione del reato in furto (art. 624 c.p.) e l’assenza di prova dell’elemento soggettivo del dolo.
Il caso originava dal rinvenimento, a bordo di un’auto di proprietà di uno degli imputati, di parti di un veicolo rubato il giorno prima. Uno degli imputati aveva sostenuto di aver compiuto egli stesso il furto e lo smembramento del mezzo, scagionando il coimputato.

Il principio di diritto affermato
La Cassazione ribadisce che la prova dell’elemento soggettivo della ricettazione può basarsi sull’omessa o non attendibile spiegazione della provenienza del bene ricevuto.
Secondo la Corte:
«Ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede» (Cass. pen., Sez. II, 6 giugno 2025, n. 22549, richiamando Sez. U, n. 35535/2007, Ruggiero).
Questo significa che l’imputato non ha un onere probatorio in senso tecnico, ma un onere di allegazione: deve fornire una spiegazione attendibile sul possesso, che il giudice valuta con il libero convincimento. In mancanza di una versione plausibile, l’occultamento o la mancata spiegazione legittimano l’inferenza del dolo di ricettazione.
Analisi dell’elemento soggettivo – Avvovato Penalista Milano
L’art. 648 c.p. punisce chi, al fine di trarne profitto, acquista, riceve o occulta cose provenienti da delitto, quando non ha concorso nel delitto medesimo. La pena base è la reclusione da 2 a 8 anni e la multa da 516 a 10.329 euro, con riduzione fino a un terzo se il fatto è di particolare tenuità (comma 4).
L’elemento soggettivo è il dolo specifico di profitto, che può essere desunto anche da circostanze oggettive come il possesso ingiustificato di beni di sicura provenienza delittuosa.
Nel caso di specie, la Cassazione ha respinto la difesa secondo cui la confessione dell’altro imputato (autore del furto) avrebbe escluso il dolo del complice, ritenendo inattendibili le dichiarazioni autoaccusatorie perché smentite da accertamenti immediati della polizia giudiziaria e dalla denuncia querela.
Rilievi sulla motivazione – Avvocato Penalista Milano
La Corte ha anche richiamato il principio secondo cui il giudice d’appello può integrare la motivazione di primo grado anche in caso di lacune, senza incorrere in nullità (art. 604 c.p.p.).
Ha ritenuto infondate le doglianze sulla mancata derubricazione in furto e sull’omessa assoluzione di uno degli imputati, alla luce del rinvenimento a bordo del veicolo condotto da quest’ultimo di parti rubate il giorno prima.
Inoltre, ha confermato il diniego delle attenuanti generiche ex art. 62-bis c.p., motivato con la personalità degli imputati, i precedenti penali e il valore non esiguo della refurtiva.
Conclusioni operative – Avvocato Penalista Alessandro Salonia
La sentenza n. 22549/2025 della Cassazione ribadisce un principio consolidato: l’elemento soggettivo della ricettazione può fondarsi anche solo sull’assenza di una spiegazione plausibile circa la provenienza dei beni.
Si tratta di un tema centrale nella prassi difensiva penale. Per chi è imputato di ricettazione, risulta decisivo articolare fin dall’inizio un’adeguata allegazione difensiva sulla provenienza lecita dei beni.
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