Rapina tentata o consumata? La Cassazione chiarisce i confini
Cass. pen., sez. II, ud. 14 maggio 2025 (dep. 21 luglio 2025), n. 26642
Il fatto: ladro bloccato dal proprietario, ma la rapina è già consumata.
Un uomo tenta di rubare un’automobile nella provincia di Napoli. Entra nel veicolo, accende il motore, ma viene prontamente affrontato dal proprietario, che rompe il finestrino e cerca di estrarlo. Il ladro riesce a divincolarsi e fugge a piedi. Nonostante ciò, viene condannato per rapina impropria aggravata, ai sensi dell’art. 628, comma 2, c.p., con una pena di 2 anni e 2 mesi di reclusione e una multa di 978 euro.

Il principio di diritto: appropriazione e violenza post-fatto
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26642/2025, ribadisce un principio consolidato: la rapina impropria si configura anche se l’agente non riesce a impossessarsi stabilmente del bene, purché eserciti violenza per garantirsi la fuga o l’impunità. Non è necessario che il bene sia stato portato via o reso disponibile in modo autonomo. È sufficiente che vi sia stata sottrazione, anche solo iniziale, e violenza sulla persona offesa successiva all’apprensione.
“Il delitto di rapina impropria si perfeziona anche nel caso in cui l’agente adoperi violenza dopo la mera apprensione del bene, senza il conseguimento della disponibilità autonoma dello stesso.” (Cass. pen., sez. II, n. 26642/2025)
Approfondimento giuridico: cosa prevede l’art. 628 c.p.
L’articolo 628 del Codice Penale punisce chi, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene. Il secondo comma dello stesso articolo prevede un aggravamento della pena nei casi in cui la violenza o la minaccia siano esercitate dopo il furto per assicurarsi la fuga o l’impunità.
Nel dettaglio, la norma recita: “Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, mediante violenza alla persona o minaccia, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 2.500. La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2.000 a euro 4.000 se la violenza o la minaccia sono usate per assicurarsi il possesso della cosa sottratta, per assicurarsi l’impunità o per vincere la resistenza della persona offesa al furto”.
Perché non si tratta di tentata rapina – Avvocato Penalista Milano
La difesa aveva contestato la configurazione del reato consumato, sostenendo che la violenza fosse stata esercitata per autodifesa e che il tentativo di furto fosse stato interrotto prima della consumazione. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che la violenza utilizzata per sottrarsi alla reazione del proprietario, anche se minima, è sufficiente a integrare il reato. Non serve che la condotta predatoria si concluda con l’allontanamento con il bene, né che l’agente ne abbia acquisito la piena disponibilità.
Conclusioni operative – Avvocato Penalista Milano
La pronuncia offre un’importante chiarificazione: la rapina impropria si considera consumata anche se l’intervento della vittima impedisce l’allontanamento con il bene sottratto. Questo principio ha rilevanti implicazioni difensive e interpretative in fase di processo penale.
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