Relazione intermittente e maltrattamenti
Il principio di diritto nella giurisprudenza recente
Relazione intermittente e maltrattamenti. Con la sentenza n. 9802 dell’11 marzo 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, ha riaffermato che l’intermittenza di una relazione affettiva non esclude la configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia ai sensi dell’art. 572 del Codice Penale. L’elemento decisivo risiede nella presenza di un vincolo affettivo stabile e connotato da reciproca solidarietà, anche in assenza di una convivenza continua.
In tal senso, è stato osservato che la coabitazione, pur non continuativa, può ugualmente esprimere una progettualità affettiva durevole e una consuetudine di vita comune. La nozione penalistica di “convivenza” si estende dunque anche a relazioni non formalizzate, purché improntate alla mutua assistenza e all’affidamento affettivo.

Il caso concreto: violenza sistematica in un rapporto disfunzionale
L’imputato è stato condannato alla pena di sei anni di reclusione per i reati di:
- Maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.)
- Lesioni personali (art. 582 c.p.)
- Violenza sessuale (art. 609-bis c.p.)
La relazione sentimentale tra l’imputato e la vittima, sebbene segnata da interruzioni temporanee, è stata considerata sufficientemente stabile e progettuale, idonea quindi a fondare la configurabilità del delitto di cui all’art. 572 c.p. Le condotte poste in essere – insulti, minacce, percosse, controllo ossessivo, aggressioni fisiche e sessuali – sono state valutate come frequenti e sistematiche, confermando l’abitualità richiesta dalla norma.
Approfondimento sugli articoli contestati
Art. 572 c.p. – Maltrattamenti contro familiari e conviventi
Chiunque maltratta una persona della famiglia, o comunque convivente, o sottoposta alla sua autorità o affidata per ragioni di educazione, cura o vigilanza, è punito con la reclusione da tre a sette anni. L’aggravante prevista al secondo comma si applica se il fatto è commesso in presenza o in danno di un minore, e comporta un aumento di pena.
Art. 582 c.p. – Lesioni personali
Pena prevista: reclusione da sei mesi a tre anni se la malattia conseguente alla lesione dura più di venti giorni; altrimenti il fatto è perseguibile a querela della persona offesa. In questo caso, l’imputato ha volontariamente provocato alla vittima un trauma fisico, acciaccandole il piede.
Art. 609-bis c.p. – Violenza sessuale
Sanziona chi costringe taluno a compiere o subire atti sessuali mediante violenza, minaccia o abuso di autorità. Pena: reclusione da sei a dodici anni. La condotta dell’imputato, consistita nella penetrazione con un oggetto (manico di scopa), è stata qualificata come violenza sessuale aggravata.
L’aggravante della presenza del minore – Avvocato penalista Milano
L’art. 572, comma 2, c.p., stabilisce un aggravamento della pena se il reato viene commesso in presenza o in danno di un minore. La Cassazione ha precisato che è sufficiente la percezione sensoriale dell’evento da parte del minore, come il sentire urla o pianti, per configurare l’aggravante, anche in assenza di visione diretta della scena.
Reciprocità della violenza: irrilevante ai fini dell’art. 572 c.p.
La Corte ha infine chiarito che la reciprocità delle condotte violente non esclude la responsabilità penale. L’art. 572 c.p. non prevede esimenti in caso di condotte mutualmente aggressive: la serialità e l’abitualità delle condotte vessatorie dell’imputato prevalgono nel delineare un quadro penalmente rilevante.
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