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Maltrattamenti in famiglia ritrattazione persona offesa

    Commento Sentenza Cassazione Penale, Sez. VI, n. 39562 del 28 ottobre 2024

    Vicenda oggetto della decisione

    Maltrattamenti in famiglia ritrattazione persona offesa. La sentenza n. 39562/2024 della Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, affronta un caso di maltrattamenti in famiglia aggravati. L’indagato era accusato di aver sottoposto la moglie e i cinque figli, tra cui un minore, a una serie di condotte lesive della loro dignità e integrità fisica e psicologica tra il 2016 e il 2023. Tali maltrattamenti avevano costretto il nucleo familiare a rifugiarsi in una comunità protetta, mentre all’imputato erano state applicate misure cautelari personali, incluso l’allontanamento dall’abitazione familiare.

    Maltrattamenti in famiglia ritrattazione della persona offesa - Avvocato Penalista Milano - Avvocato Penalista Alessandro Salonia

    Nel corso del procedimento, l’imputato ha presentato istanza di revoca della misura cautelare, sostenendo l’assenza di pericolo probatorio a seguito della conclusione dell’incidente probatorio. Inoltre, ha evidenziato una presunta ritrattazione da parte della moglie, che avrebbe manifestato l’intenzione di ritirare la querela e lasciare l’abitazione. Il Tribunale ha rigettato l’istanza, sottolineando che tali elementi non attenuavano le esigenze cautelari, decisione poi confermata dalla Cassazione.

    Principio di diritto espresso

    La Corte di Cassazione ha ribadito che, nei procedimenti relativi a violenza domestica e maltrattamenti, le misure cautelari devono essere orientate alla massima protezione delle vittime. La ritrattazione della persona offesa non assume rilevanza automatica, poiché può derivare da pressioni psicologiche, minacce o condizionamenti. Al contrario, tali circostanze richiedono un’attenta valutazione del rischio di reiterazione del reato.

    In particolare, è stato affermato che:

    1. Le misure cautelari devono preservare la sicurezza delle vittime, anche considerando il rischio di manipolazione emotiva e la ciclicità tipica delle condotte di maltrattamento.
    2. La ritrattazione della persona offesa, soprattutto in reati procedibili d’ufficio come i maltrattamenti in famiglia, può essere indicativa della continuità della relazione abusante e non costituisce un elemento idoneo a revocare le misure.
    3. Gli obblighi derivanti dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia con legge n. 77/2013, impongono una rigorosa valutazione del rischio per le vittime, subordinando ogni decisione cautelare alla loro protezione.

    Art. 572 c.p.: Maltrattamenti contro familiari o conviventi

    Testo dell’articolo
    “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo 571, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

    Se dal fatto deriva una lesione personale grave si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; nei casi più gravi, se ne deriva la morte, si applica la reclusione da dodici a ventiquattro anni.”

    L’articolo configura un reato di natura abituale, che si sostanzia in condotte reiterate capaci di minare la dignità della vittima e creare un clima di oppressione fisica o psicologica.

    Analisi normativa e giurisprudenziale – Avvocato Penalista Milano

    In base agli articoli 282-bis e 282-ter c.p.p., le misure cautelari personali, come l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento, sono adottate nei casi in cui sussista un concreto rischio di inquinamento probatorio o reiterazione delle condotte criminose.

    La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha più volte evidenziato che la ritrattazione nei reati di maltrattamenti o violenza domestica non può essere ritenuta un elemento neutro. La sua genesi può spesso essere attribuita a strategie manipolatorie dell’indagato, che mira a influenzare la condotta della vittima. Inoltre, la protezione delle persone offese, specie se minorenni, deve prevalere su qualsiasi considerazione di mera convenienza processuale.

    Approfondimento Avvocato Penalista Alessandro Salonia

    La sentenza si inserisce in un quadro giurisprudenziale e normativo sempre più attento alle esigenze di tutela delle vittime di violenza domestica. L’adozione di misure cautelari non custodiali, come l’allontanamento dalla casa familiare, trova fondamento nel principio del minor sacrificio della libertà personale, sancito dall’art. 275 c.p.p. Tuttavia, tale principio deve essere bilanciato con la necessità di garantire la sicurezza delle vittime e l’integrità delle prove.

    La Corte EDU, con sentenze come Talpis c. Italia (2017) e Landi c. Italia (2022), ha ripetutamente condannato lo Stato italiano per l’inadeguatezza delle misure adottate nei confronti delle vittime di violenza domestica. Questo ha spinto il legislatore italiano a rafforzare il quadro normativo, imponendo, ad esempio, l’obbligo del braccialetto elettronico per il controllo degli indagati e prevedendo l’arresto obbligatorio in caso di violazione delle misure cautelari (L. 168/2023).

    La sentenza in esame sottolinea anche il ruolo centrale della Convenzione di Istanbul, che obbliga gli Stati membri a perseguire d’ufficio i reati di violenza contro donne e minori e ad adottare misure efficaci per evitare vittimizzazioni secondarie. Pertanto, il fatto che la vittima e i suoi figli siano collocati in una struttura protetta non può essere considerato una circostanza idonea a giustificare l’attenuazione delle misure cautelari, poiché ciò equivarrebbe a subordinare la libertà della vittima a quella dell’autore del reato.

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