Approfondimento sulla sentenza della Cassazione n. 25516/2024
La vicenda giudiziaria – Revenge Porn
La sentenza n. 25516/2024 della Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, ha riguardato un caso emblematico di “revenge porn”, regolato dall’art. 612-ter c.p. L’imputato, identificato come Da.Iv., era stato condannato a due anni di reclusione per aver diffuso senza consenso immagini e video sessualmente espliciti che ritraevano la vittima. Tali contenuti erano stati acquisiti in modo illecito da un sito di incontri ad accesso limitato, dedicato a soli utenti registrati. Nonostante il materiale fosse stato originariamente caricato con il consenso della vittima, quest’ultimo era valido esclusivamente all’interno della comunità virtuale di appartenenza e non per una diffusione a terzi.

Il principio di diritto stabilito dalla Cassazione
La Corte ha precisato che il consenso prestato dalla persona ritratta al momento dell’iscrizione a una piattaforma non autorizza la diffusione al di fuori di essa. Questo principio riconosce l’autonomia della persona riguardo al controllo delle proprie immagini intime, rafforzando la protezione contro condotte lesive che violano la dignità e l’integrità psicologica. La condotta dell’imputato è stata considerata particolarmente grave poiché, oltre a ledere la riservatezza della vittima, è stata finalizzata a recare un danno concreto e a minare la sua reputazione.
Analisi del reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.)
L’art. 612-ter c.p., introdotto con la Legge n. 69/2019 (“Codice Rosso”), punisce chi, senza il consenso delle persone rappresentate, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video sessualmente espliciti destinati a rimanere privati. La ratio legis di questa norma è di tutelare la libertà morale e la privacy sessuale, riconosciuta come parte fondamentale della dignità umana.
Il legislatore ha inteso proteggere non solo l’integrità psichica e morale delle vittime, ma anche il loro diritto all’autodeterminazione nella gestione della propria immagine e della propria intimità. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha interpretato in modo ampio il concetto di “contenuto sessualmente esplicito”, estendendo la protezione anche a immagini che, pur non ritraendo atti sessuali, mostrano organi genitali o altre parti erogene (come seni o glutei) in contesti tali da evocare la sessualità.
Gli elementi costitutivi del reato e le aggravanti
Secondo quanto stabilito dall’art. 612-ter c.p., l’elemento soggettivo è rappresentato dal dolo specifico, ossia l’intenzione di recare un danno alla persona ritratta. È altresì irrilevante che il materiale sia stato originariamente condiviso consensualmente con l’autore del reato, poiché la norma incrimina la successiva diffusione illecita senza l’esplicito consenso della persona interessata.
L’aggravante è prevista quando il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da chi ha intrattenuto una relazione affettiva con la vittima. Nella sentenza n. 25516/2024, la Corte ha affrontato proprio questa circostanza, annullando in parte la sentenza di appello in relazione all’aggravante della relazione affettiva. In tale contesto, ha sottolineato che la relazione deve essere caratterizzata da un rapporto fiduciario stabile e non episodico, tale da creare nella vittima aspettative di protezione. Non è sufficiente, quindi, un mero incontro occasionale o fugace, ma deve sussistere una continuità che caratterizzi il legame tra le parti.
La connessione con altri reati: sostituzione di persona e atti persecutori
Il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti è stato contestato in concorso con altre fattispecie criminose, tra cui gli atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e la sostituzione di persona (art. 494 c.p.). L’imputato, infatti, ha utilizzato illecitamente i dati personali della vittima per creare falsi profili su piattaforme online, con l’obiettivo di screditare la sua immagine sociale e lavorativa, diffondendo fotografie e dettagli personali. La Cassazione ha evidenziato come la sostituzione di persona sia configurabile anche mediante la creazione di account falsi riconducibili apparentemente alla vittima, ingannando così i terzi sulla reale identità del titolare del profilo.
Considerazioni conclusive – Avvocato Penalista Milano
Il delitto di cui all’art. 612-ter c.p. costituisce un crimine grave, che intacca profondamente la dignità e la privacy delle vittime. La giurisprudenza di legittimità, in linea con le direttive della Convenzione di Istanbul, mira a rafforzare la tutela della sfera intima e privata, riconoscendo il diritto della persona a mantenere il controllo sulla diffusione della propria immagine sessualmente esplicita.
Assistenza legale per il reato di diffusione illecita di immagini private
Se sei vittima o accusato di reati previsti dall’art. 612-ter c.p., è fondamentale affidarsi a un professionista qualificato per una difesa adeguata e mirata. Lo Studio Legale dell’Avvocato Penalista Alessandro Salonia, con sede a Milano, offre consulenza e assistenza specializzata in materia di reati contro la privacy e la dignità della persona.
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